Crisi Covid 19, per la ripresa economica puntare sul terzo settore
Di Tommaso De Simone, Presidente Camera di Commercio di Caserta
L’emergenza sanitaria da Coronavirus adesso impone una riflessione con una prospettiva che guardi necessariamente al futuro inteso come ripresa dell’economia provinciale, regionale e nazionale. In questa fase delicata si inserisce il tema altrettanto delicato dei provvedimenti economici a sostegno del terzo settore, che può svolgere un ruolo fondamentale per la ripresa economica della nostra provincia per la tenuta sociale del Paese. Ruolo che dovrà essere ampliato, pensando alle nuove misure necessarie di tutela per la salute di bambini, anziani e soggetti “deboli”.
Gli esempi possono essere tanti e già qualcuno può essere citato, come le attività mirate alla produzione di dispositivi individuali di sicurezza, mi riferisco alla New Hope, di suor Rita Giaretta e alla cooperativa Eva, di Castel Volturno che oggi sono in prima linea nella lotta alla pandemia da coronavirus, il rischio è stato che le loro attività potessero chiudere, poi però è arrivata la decisione di mettersi al servizio degli altri, con gli strumenti a loro disposizione, le macchine da cucire, dando il via alla creazione di mascherine di cotone sanificato e impermeabile, lavabili e riutilizzabili, in collaborazione con il consorzio San Leucio Silk, il marchio della Camera di Commercio di Caserta.
Penso anche, per esempio, alla tutela delle terre e dei beni confiscati alle mafie, recuperati a scopo sociale. L’associazionismo può giocare la grande partita della ripartenza, prendendo il via da quel ruolo di sentinella sul territorio che deve essere valorizzata. Non bisogna dimenticare che proprio dal terzo settore è stato lanciato l’allarme di come la criminalità si fosse già organizzata per offrire i propri servizi nell’emergenza in sostituzione dello Stato. Le azioni che possono essere messe in campo sono tante, dai progetti già diffusi contro la dispersione scolastica che oggi più di ieri devono essere potenziati, il riferimento è anche alla cosiddetta economia solidale, alla filiera corta che consente di poter tracciare i prodotti e controllare il prezzo creando relazioni dirette con i piccoli e medi produttori dando una buona risposta nel periodo di emergenza sanitaria perché le modalità di acquisto sono cambiate durante il lockdown.
Seguendo questa strada saranno facilitate anche le buone pratiche in agricoltura vincenti sul modello di agricoltura intensiva. Un modello, quello dell’economia solidale che può rispondere in maniera appropriata alle richieste dei consumatori ma anche del mercato, arginando le criticità del modello industriale che sono emerse nella fase di emergenza sanitaria, mi riferisco alla sostenibilità ambientale e all’inquinamento; due fenomeni che hanno avuto un ruolo o comunque sono stati al centro del dibattito degli epidemiologi e che necessariamente ci impongono un cambio di rotta rispetto ad un modello consolidato che però oggi è entrato in crisi.
Una risposta alla crisi come leva per uscirne è rappresentata da quello che associazioni, cooperative ed imprese sociali hanno messo in campo durante l’emergenza, fornendo a chi era in difficoltà una serie di materiali facilitando in questo modo il riconoscimento dei piccoli produttori che si sono proposti per fare consegne a domicilio. E’ questo il nuovo modello su cui puntare, vale a dire una domanda che sceglie i piccoli produttori per tanti motivi, dalla convenienza alla comodità ma anche per la sostenibilità ambientale.
Un altro aspetto da non sottovalutare è quello delle tecnologie digitali pensando allo sviluppo di piattaforme per ordini on line e telefonici, oltre che utilizzare i circuiti delle reti sociali e di emergenza che sono nati nei diversi comuni. Un’emergenza sanitaria che ha obbligato tutti ad una forma di approvvigionamento alternativo che può rappresentare il mezzo per fronteggiare la crisi economica. C’è un unico grande pericolo su cui occorre vigilare ed attivare un sistema di sorveglianza speciale ed ancora una volta è la criminalità organizzata che ha già tentato di inserirsi nei sistemi di riconversione delle produzioni fiutando il nuovo “business”, ma c’è un’occasione ancora più ghiotta: introdursi in un sistema produttivo trasparente e costruito con le best practices proprie dell’economia solidale. Questo è un rischio reale e concreto che bisogna bloccare prima che sia troppo tardi.