COMUNICATO STAMPA

17 febbraio 2018

COMITATO DON DIANA E LIBERA: “SUI FATTI DI CASAPESENNA, SDEGNO E DISAPPROVAZIONE. AL CORAGGIO DELLA RAGAZZA, TUTTA LA NOSTRA VICINANZA E SOSTEGNO”.

I fatti accaduti negli ultimi giorni nella nostra Diocesi ed in particolare le pratiche adottate da don Michele Barone, sacerdote della piccola casetta di Nazareth, nei confronti di una giovane ragazza, sembrano averci riportato indietro nel Medioevo, nel tempo buio e angosciante delle streghe o al chiuso delle sacrestie.

Eppure, l’esortazione apostolica di papa Francesco “Evangelii gaudium” è tutto un invito ad una chiesa in uscita, a lasciare le comodità per sporcarsi le mani, i piedi e pure la tonaca, nelle fangose strade dei territori dove la povertà, la solitudine, le ingiustizie sono più forti e dove questi temi appaiono più urgenti.

Sentiamo con convinzione il dovere di reagire con sdegno e disapprovazione di fronte a fatti come quelli accaduti in questi giorni a Casapesenna. E sentiamo l’urgenza di richiamare intervento a tutela della minore.

Non possiamo tacere e rimanere muti davanti ad una giovane ragazza che con coraggio e determinazione chiede aiuto né davanti alla sofferenza di una intera famiglia che va evidentemente accompagnata e tantomeno davanti ad un conservatorismo di pezzi di chiesa che rischia di vanificare perfino il non tacerò di don Peppe Diana. Ci è stato insegnato la forza della parola e non abbiamo alcuna intenzione di dimenticarlo.

Il cammino fatto insieme in questi anni, la resistenza e la liberazione dal braccio armato della camorra, i beni liberati dalle mafie, l’economia sociale, i tanti giovani che si impegnano nelle parrocchie e i tanti semi sparsi di buone pratiche, non possono essere rimandati indietro e rispediti in un sol colpo nelle tenebre degli abissi.

Non sarà un solo prete che fa violenza ad una giovane ragazza che ha bisogno di cure, assistenza e di sguardi e abbracci di tenerezza, non sarà un decreto di sospensione di don Michele Barone dal ministero pubblico adottato dal Vescovo a gettarci nello sconforto. La nostra azione non può fermarsi alla contestazione, abbiamo il dovere di costruire coscienze e questo lo possiamo fare solo se restiamo insieme, se assumiamo la responsabilità comune di costruire comunità educative, sane e solidali.

La magistratura dovrà fare le indagini, la chiesa deve trovare il coraggio di farsi “meno neutrale e più tagliente”, ne ha la forza e le capacità, la scuola più educante e accogliente.

Alle giovani ragazze vittime dell’incapacità di comprenderle, diciamo che non sono sole e che non lo saranno mai.