"Ho scelto di mostrarvi la foto di Don Peppe Diana, sacerdote ucciso a Casal di Principe il 19 marzo 1994, nella sua chiesa, nel giorno del suo onomastico. Il killer è entrato in chiesa e ha urlato il suo nome. Don Peppe si è fatto riconoscere ed è stato freddato.
Questa rubrica di Roberto Saviano è stata pubblicata su 7 in edicola il 4 agosto. E’ dedicata alla fotografia. Meglio, ad una o più foto «da condividere con voi — spiega l’autore — che possa raccontare una storia attraverso uno scatto». Perché «la fotografia è testimonianza e indica il compito di dare e di essere prova. Una prova quando la incontri devi proteggerla, mostrarla, testimoniarla. Devi diventare tu stesso prova»
Voglio dedicare queste mie righe a Valerio Taglione, perché il suo impegno, che portò alla fondazione del Comitato Don Diana, è stato lo scrigno che ha permesso di tutelare la storia di Don Peppe, sottraendola al fango dei quotidiani locali megafono dei clan. Valerio Taglione, prematuramente scomparso tre anni fa, è stato insignito della Medaglia d’Oro al Valor civile alla memoria. La fotografia che ho scelto di mostrarvi questa settimana ritrae Don Peppe Diana, sacerdote ucciso a Casal di Principe il 19 marzo 1994, nella sua chiesa, nel giorno del suo onomastico. Il killer è entrato in chiesa e ha urlato il suo nome.
Don Peppe si è fatto riconoscere ed è stato freddato. Don Peppe è stato ucciso per il suo impegno antimafia, ma nei giorni immediatamente successivi alla sua morte, certa stampa locale, evidentemente imbeccata da soggetti legati al clan dei Casalesi, ha iniziato a insinuare un suo coinvolgimento negli affari dei clan. «Don Diana nascondeva armi del clan rivale per questo è stato ucciso», «Don Diana aveva amanti, approfittando del suo impegno negli scout», «Don Diana è stato ucciso per essersi rifiutato di celebrare in chiesa una funzione per il familiare di un affiliato». Oggi leggete queste parole e inorridite, provate schifo e pensate che sia normale. Ma vi assicuro che non è sempre stato così. Ci sono momenti in cui le menzogne fanno presa. Per questo vengono diffuse, perché, mischiandosi all’indignazione, confondendosi tra le notizie affidabili generano confusione.
Guardate, le fake news hanno sempre un unico scopo: quello di insinuare l’idea che non esista una sola verità, che quando si parla di organizzazioni criminali in determinati territori, nessuno può dirsi davvero pulito. Tutte queste menzogne hanno sortito come risultato quello di bloccare su Don Peppe Diana ogni approfondimento nazionale e ogni racconto che non si fermasse all’indignazione di chi lo conosceva e frequentava la sua chiesa. Quando dalla tua terra arrivano informazioni contrastanti, allora la stampa nazionale si ferma, temendo di raccontare come antimafia un percorso che antimafia non è. Questo è accaduto a Don Peppe, a Giancarlo Siani, a Pippo Fava e alla stragrande maggioranza di chi viene ucciso dalle organizzazioni criminali senza esserne parte. Se poi sei vittima di scambio di persona, l’onta della vicinanza ai clan la cancelli con enorme difficoltà.
Quello che è accaduto a Casal di Principe nel 1994 siamo riusciti a riportarlo all’attenzione dei media nazionali dopo anni. Se l’assassinio di Don Peppe Diana è ormai universalmente considerato un omicidio di camorra con un preciso movente - impedire a Don Peppe di parlare - è anche grazie all’impegno di persone per bene come Valerio Taglione. Ho scelto la fotografia di Don Peppe con un microfono perché la morte è silenzio. Sempre. Le organizzazioni criminali lo sanno bene e sanno anche che il danno che viene da un omicidio può essere minore e più gestibile, delle parole di un prete che dice alla comunità che lo ascolta - e che di lui si fida - che i clan stanno distruggendo la terra di tutti, inquinando, devastando. Ho incontrato e intervistato l’unico testimone dell’omicidio di Don Diana, colui il quale ebbe la forza e l’enorme coraggio di denunciare il killer.
«SONO FIERO DI FAR PARTE DELLA STORIA DEL SUD E DI POTERLA RACCONTARE: QUANTI EROI DISARMATI CHE RESISTONO»
Ho incontrato molte volte in questi anni Renato Natale, sindaco di Casal di Principe e so che quel territorio ha in sé gli anticorpi, ha un esercito di persone per bene pronte a difenderlo a costo di perdere tutto, la serenità, il sonno e anche molto di più. Mi sento un privilegiato, perché in questi anni ho sempre mantenuto con quel territorio e con quelle persone preziose una interlocuzione costante. Questo è il Sud, preda di appetiti criminali e politici, appetiti enormi, smisurati, potenti. Questo è il Sud, dove piccoli e grandi eroi, disarmati ma pronti a tutto, resistono e fanno da scudo. Sono fiero di essere parte di questa storia e lusingato di poterla raccontare."
— Roberto Saviano, Corriere della Sera. 05 Ago 2023